Questo Studio racconta il paradosso e gli equilibrismi del lavoratore precario di oggi, che si barcamena tra gli espedienti per garantirsi la sopravvivenza. È un’indagine sulla capacità di destreggiarsi per non soccombere. Scaltro eppure di un’ingenuità disarmante, il precario deve saper fare tutto quello che serve, senza tirarsi indietro. Flessibile, versatile, androgino, multitasking, potrebbe passare con disinvoltura dal tailleur di rappresentanza alle scarpe antinfortunistiche. Nello zainetto potrebbe tenere il computer portatile, nella cintura porta-attrezzi le pinze e il martello. Cameriere all’occorrenza, può diventare anche wedding planner, social media manager, grafico, ghost writer, traduttore e dovrebbe certo intendersi di contabilità. Il precario cammina sul filo teso tra un’invenzione a l’altra, funambolo del quotidiano. La dialettica servo/padrone, già descritta da Hegel e rappresentata da Brecht, oggi si arricchisce di nuove sfaccettature, da investigare. Un viaggio dentro il personaggio alla ricerca del nucleo tematico goldoniano che permane nella sua rivoluzionaria modernità. Un processo sull’identità precaria, mettendo sotto un cono di luce il personaggio di Arlecchino, Goldoni lo chiama Truffaldino, e ricercare il corrispettivo di oggi, la sua evoluzione , ma anche la sua involuzione; in principio era schiavitù, poi arrivò l’occasione e, con l’occasione, la scelta. Lo scarto per l’emancipazione. Cos’è che non ha funzionato, dopo? Dove si è inceppata la parabola del lavoratore? Egli oggi cammina sul filo teso tra un’invenzione e l’altra, funambolo del quotidiano. Senza un lavoro, qual è l’identità? Sei precario, multiforme. Sei Arlecchino. Mille pezzi di stoffa di abiti altrui. Tutto e niente. Allora se sei un uomo o una donna, non importa più. Sei un precario.