Andrea Fortis
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Quando: 03/09/2020 ore 21:00
Dove: Lecce, Atrio dei Teatini (Corso Vittorio Emanuele II)
Prezzo ingresso: 10 euro




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Il 3 settembre alle ore 21, presso il Chiostro dell’ex Convento dei Teatini, andrà di scena la rappresentazione di ‘Asfalto Teatro’ voluta dall’Associazione Salentina per la Tutela della Salute Mentale – Onlus Lecce.

L’opera dal titolo “Andrea Fortis” coniuga il linguaggio artistico con il complesso e variegato mondo della sensibilità e interiorità umana. Il risultato è un intreccio avvincente di scoperte e rivelazioni sulle immense potenzialità dell’individuo e sul talento inimmaginabile dell’essere umano, anche del più fragile e schivo.

“ Abbiamo scritto il testo in tre, assieme ad Antonia Sansonetti e Giuseppe Vergori- racconta il regista Aldo Augieri-. I n scena oltre a noi, autori e attori, ci sono Beatrice Perrone e Silvia Bressan; la scenografia è allestita da Daniele Sciolti e gli oggetti di scena sono stati creati da Fattidicarta Coop-Sociale; collaborazioni speciali con Big Sur-Coop.Sociale e Teatro di Ateneo dell’Università del Salento.

Questo e tanti altri lavori nascono dalla preziosa collaborazione di anni con l’A.S.T.S.M. – Onlus Lecce e altri partner come il CSV Br-Le Volontariato nel Salento, l’Osservatorio Europeo della Lettura-Università di Siena e del Salento e l’Associazione Nuove Speranze di S.Cesario”.

“ Progettualità di calibro – spiega Anna Chiara Coi Presidente dell’A.S.T.S.- che vedono il prezioso coinvolgimento del Dipartimento di Salute Mentale della ASL di Lecce e del Centro di Salute Mentale di Lecce. Tale sinergia nel corso dell’ultimo anno ha generato il progetto “Mondi possibili…dalla parola al gesto”, quale tentativo di dare stabilità all’esperienza teatrale e alla sua portata innovativa nella ricostruzione del Sé”. Lo spettacolo del 3 settembre è una riflessione amara sul teatro e su cosa comporta avere e nutrire dentro di sé questa passione, a tratti masochista. Prenotazione obbligatoria.

Il protagonista Andrea Fortis, dopo una lunga carriera teatrale, ormai dimenticato da tutti, sposa una donna, proprietaria di un caseificio e lì lavora facendo mozzarelle e lasciandosi andare a continue digressioni sull’arte dell’attore.

“Abbiamo riflettuto sulla condizione nella quale ci troviamo ormai da decenni, noi teatranti, che è poi metafora della condizione umana – riflettono gli organizzatori-

Come vivere il confronto con i maestri, con i giganti del passato? Come non farsi schiacciare da ciò che è accaduto nel ‘900? Perché è così diffuso lo stato di eterna frustrazione nell’artista e nell’uomo?Quale atto è necessario per poter trovare la propria strada in un panorama così denso e popolato da così tante voci?”

Il protagonista dello spettacolo riflette anche su cosa vuol dire restare nel luogo dove si è nati e lì proseguire il proprio tentativo artistico/ condurre la propria esistenza nelle difficoltà e contraddizioni del vivere quotidiano..

Il teatrante/l’ uomo, è una creatura particolare che spesso rimane vittima delle sue stesse fantasie, della sua immaginazione, delle sue letture, ma soprattutto delle sue ambizioni,e questo accade quando egli si identifica senza spirito critico con i personaggi e i miti del passato, perdendo completamente l’aderenza con la sua storia personale.

Oggi lo sforzo da fare è quello di svincolarsi, di smetterla di vivere il confronto solo da un punto di vista emulativo, oggi si ha paura di guardarsi allo specchio, si ha paura di essere criticati, si ha il terrore di non piacere.

“Cos’è oggi l’ attore/ uomo? Una macchina di intrattenimento? Uno che somiglia a qualcun altro? Uno che imita?

Uno che fa riflettere? Uno che solleva questioni sociali e ambientali? Quanta responsabilità diamo a questo buffone?

E intanto che fine ha fatto quella che un tempo si chiamava la cifra stilistica? La poetica unica e irripetibile ?” continua Aldo Augieri. Confrontarsi con i maestri è fondamentale ma è altrettanto necessario osare, spingersi, varcare la soglia, “sperimentare”.

Questo spettacolo è un urlo disperato, che invoca il coraggio di essere inattuali, cinici, antipatici, pur di restituire allo spettatore qualcosa di inatteso, di non visto, di non sentito.

Insomma l’attore, se non si deciderà a portare in scena la propria pelle, tra breve, diventerà quello che già mostra di essere, cioè un fenomeno di attrazione per turisti, un prodotto territoriale e non più una minaccia sociale, una minaccia capace di suscitare riflessioni, sollevare questioni vitali e trattare temi scomodi, ma necessari perché riguardano l’ umanità, l’essenza cioè di ognuno di noi”.




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